Più di settemila quintali di arance. Sahad non ne ha mai viste così tante nemmeno nel sabato più folle del mercato di Porta Palazzo, nei suoi giorni da camallo.
Ha accettato volentieri di accompagnare il suo amico sbirro, Avogadro, che per qualche ragione non vuole saperne di guidare. Sahad non ha mai lasciato Torino prima, da quando è arrivato da Marrakech.
— Ti piace lo spettacolo, Sahad? — gli chiede Avogadro, strappandolo ai suoi pensieri.
— Da morire — risponde, neanche troppo ironico. Per quanto indossino entrambi i berretti frigi, segnale che indica che loro sono “civili” e non partecipano alla battaglia, è già stato colpito tre volte di rimbalzo da un’arancia lanciata da un paio di carri da getto e spintonato senza sosta dagli aranceri, mentre arranca in una poltiglia di polpa e bucce di arancia che gli arriva fino alla caviglia.
— Almeno in questo carnevale non se la prendono con i poveri marocchini. Preferisco quando sono i cristiani a farsi la guerra fra di loro.
Avogadro sorride.
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